LE UNIVERSITAS
L'università, nel Medioevo europeo, nasce sia come universitas, ovvero come collettività solidale di maestri e allievi, sia come universitas studiorum, ovvero come un insieme organico di discipline di studio, tutte aventi come culmine gli studi di teologia.
Nel periodo compreso tra i secoli XI e XII, maestri e studiosi, muniti del titolo abilitante di “libertas ubique docendi”, si spostano fra le città del Continente e, soprattutto, convergono verso le Città nelle quali vi sono i più rinomati studia: Salerno per la Medicina, Bologna per il Diritto e Parigi per la Teologia. Tale inedita situazione di circolazione di intellettuali e di idee, assieme al singolare status di protezione che il Papa e i Re garantivano alle universitates, ovvero come già detto alle comunità, di docenti e studenti, produsse un fermento intellettuale mai prima registrato in Europa.
Tale fermento intellettuale poggiava su una concezione teologica dell'esistenza, sistematizzata proprio nell'Università di Parigi da insigni studiosi e maestri come Alberto Magno (1206-1280) e il suo discepolo Tommaso d'Aquino (1225-1274). In base a tale concezione teologica, l'uomo deve sforzarsi, con il suo intelletto creato a immagine e somiglianza di quello divino, di comprendere la ratio che Dio ha utilizzato nell'opera creatrice. Questo impegno nella comprensione del piano divino rappresenta la sostanza degli studi universitari nell'Europa medievale. Non solo. Anche il mondo islamico, grazie al quale, tramite la mediazione degli studiosi del Califfato di Cordova, proprio Tommaso aveva recepito numerosi testi aristotelici, aveva una concezione molto simile (D'Ancona, 2005). Tale sfondo intellettuale, insomma, aveva consentito un'ampia circolazione di saperi e conoscenze nell'ambito dell'intero spazio del Mediterraneo.
Non è un caso, a tal proposito, che alcune delle più importanti e prestigiose Facoltà, come quella di Medicina di Salerno e quella di Diritto di Bologna, siano sorte a partire dal principio religioso di tutela delle basilari esigenze di salute personale e sociale dei soggetti.
Non è un caso, ancora, che le Istituzioni promotrici delle Università si preoccupassero del fatto che sia i docenti sia gli studenti non avessero difficoltà in merito al vitto, all'alloggio e alla gratuità nell'accesso alle risorse bibliotecarie indispensabili allo svolgimento delle attività di studio.
Le universitates, insomma, erano organizzate alla maniera di cittadelle del sapere. Al loro interno, docenti e studenti coltivavano i propri studi in un ambiente che favoriva lo scambio di idee e la condivisione dell'esistenza in uno spirito di amicizia e convivialità. Ciò non significa che le cittadelle del sapere somigliassero a delle res publicae ideali. Soltanto, è bene sottolineare come i saperi fossero coltivati nell'ambito di relazioni formative a partire dalle quali gli allievi crescevano all'ombra dei maestri. Al di fuori di tali relazioni, non sarebbe possibile comprendere appieno la stessa natura di tali istituzioni.
È vero, infatti, che la compagnia dei maestri e degli allievi doveva essere funzionale alla comune ricerca, mediante l'utilizzo delle facoltà dell'intelletto, di quella verità che la fede religiosa dava sì, per certa, ma di cui offriva, nei testi sacri, solo sintetiche spiegazioni razionali. Ecco perché tali spiegazioni necessitavano di essere approfondite ed indagate in una sede degna. Ma, sebbene gli studi costituivano la ragion d’essere delle università, era pur sempre la compagnia, in quanto sodalizio umano e intellettuale, che accomunava maestri e allievi nell’applicazione, sebbene con diversi gradi di competenza, a tali studi. Così Leo Moulin:
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