Il modello di Baldassarre Castiglione
L’opera fu composta tra il 1513 al 1518, sottoposta a lunga revisione e pubblicata nel 152828. Si presenta nella forma del trattato dialogico in quattro libri, ognuno dei quali riferisce le conversazioni che si immaginano avvenute nel 1507 proprio alla corte di Urbino in quattro serate. Interlocutori sono alcuni illustri personaggi dell’epoca: la duchessa Elisabetta Gonzaga, letterati come Bernardo Dovizi detto il Bibbiena e Pietro Bembo, Giuliano de’ Medici (ultimo figlio di Lorenzo), Ludovico di Canossa. Sono tutte persone di mondo, parlano di cosa sia più necessario per la vita di corte e di che cosa abbia bisogno di sapere chi intende vivere presso di essa.
A partire dalle qualità di base procede la formazione del cortigiano che deve ri-guardare molti ambiti: morale, intellettuale, fisico.
Nei libri successivi Castiglione affronta temi di carattere più strettamente formativo: nel secondo libro, facendo intervenire nel dialogo Federico Fregoso, parla del modo in cui il cortigiano deve usare quelle qualità a seconda delle circostanze, parla del valore formativo degli esercizi ginnici come correre, saltare e volteggiare, della necessità della conoscenza del latino e del greco, perché molti documenti sono scritti in quelle lingue, ma anche dell’uso corretto del volgare; si sofferma sulle “facezie”, cioè i motti di spirito e le risposte brillanti che si addicono alle conversazioni di corte.
Nel quarto libro Ottaviano Fregoso illustra il fine ultimo cui deve tendere il cortigiano: essere consigliere sincero e coraggioso del principe, ma anche suo educatore nel senso che deve spingerlo verso azioni virtuose, liberali e magnanime, abituarlo a prendere atto delle verità, a non compiacersi dell’adulazione. In altre parole, l’educazione a corte si caratterizza come progressiva: prima il cortigiano forma se stesso, poi diventa anche istitutore del principe in quanto gli suggerisce e gli ispira le virtù proprie del buon governo. Il tema dei rapporti fra cortigiano e principe include anche pagine dedicate alla figura ideale del principe, il cui esercizio del potere deve essere sempre collegato alla moralità.
Alcuni anni dopo la pubblicazione del Castiglione, un altro autore, Giovanni Della Casa (1503-1556), scrisse un’opera dedicata alla formazione degli aristocratici e dei borghesi: il Galateo (1555), testo che però non possedeva più la tensione ideale presente nel Cortigiano e attribuiva più che altro importanza agli aspetti formali del comportamento e alle regole della buona società, regole che riguardavano i più diversi atteggiamenti degli uomini aristocratici e delle corti.
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