lunedì 9 marzo 2020

Psicologia sociale


La psicologia sociale è lo studio scientifico degli effetti dei processi sociali e cognitivi sul modo in cui gli individui percepiscono gli altri, li influenzano e si pongono in relazione con loro; l’interesse centrale della psicologia sociale è il modo in cui gli individui comprendono gli altri e interagiscono con loro. La psicologia sociale studia i comportamenti dei singoli individui, un obiettivo che la distingue dunque dalle altre scienze sociali come la sociologia o le scienze politiche. I processi sociali sono i modi in cui i nostri pensieri, i nostri sentimenti e le nostre azioni sono influenzati dalle persone che ci circondano, dai gruppi a cui apparteniamo, dai rapporti personali, dagli insegnamenti trasmessi dai genitori e dalla cultura e dalle pressioni che subiamo da parte degli altri.
I processi cognitivi invece sono i modi in cui i ricordi, le percezione, i pensieri, le emozioni e le motivazioni guidano la nostra comprensione del mondo e le nostre azioni. Processi sociali e processi cognitivi sono intrecciati inestricabilmente tra loro. I processi sociali, infatti, ci influenzano anche quando gli altri non sono fisicamente presenti: siamo creature sociali anche quando siamo soli. Dovendo affrontare da soli una decisione importante, spesso ci chiediamo quali sarebbero le reazioni dei nostri amici o familiari. Si parla di gruppo nell’individuo, poiché gli psicologi studiano l’influenza che un dato gruppo (famiglia, lavoro, sport) ha sui singoli individui quando il gruppo non è fisicamente presente. I processi sociali, però, ci influenzano anche quando gli altri sono fisicamente presenti: ci facciamo persuadere spesso? Come interpretiamo il comportamento degli altri? E come modifichiamo il nostro comportamento di fronte ai comportamenti degli altri? In questo caso si parla di individuo nel gruppo, poiché gli psicologi studiano il comportamento dell’individuo quando il gruppo è fisicamente presente.

La costruzione della realtà



Nell’ambito della psicologia sociale si indagano i bias e le distorsioni cognitive. Poiché alla base della nostra percezione c’è un processo cognitivo di osservazione ed interpretazione, ovvero di costruzione della realtà, possono esserci delle distorsioni cognitive (bias valutativi), indotte da un pregiudizio del soggetto che percepisce.
Nessuno di noi è immune dalle distorsioni cognitive (o bias cognitivi), tuttavia essere consapevoli della loro esistenza può aiutare; una generica componente delle distorsioni cognitive è presente infatti in qualsiasi giudizio, in quanto esso è legato ad un fattore percettivo e dunque ad una visione della realtà filtrata soggettivamente da chi valuta.
Consideriamo innanzitutto il cosiddetto bias di conferma: a ciascuno di noi piace essere d’accordo con le persone che sono d’accordo con noi e ciascuno di noi tende ad evitare individui o gruppi che ci fanno sentire a disagio: questo è ciò che lo psicologo B.F. Skinner (1953) ha definito “dissonanza cognitiva”. Si tratta di una modalità di comportamento preferenziale che porta al bias di conferma, ovvero l’atto di riferimento alle sole prospettive che alimentano i nostri punti di vista preesistenti. Molto simile al bias di conferma è il bias di gruppo, che ci induce a sopravvalutare le capacità ed il valore del nostro gruppo, a considerare i successi del nostro gruppo come risultato delle qualità dello stesso, mentre si tende ad attribuire i successi di un gruppo estraneo a fattori esterni non insiti nelle qualità delle persone che lo compongono. Le valutazioni affette da queste tipologie di distorsioni cognitive possono risultare poco chiare a chi viene valutato, il quale spesso non comprende le basi sulle quali la valutazione si fonda e che invece nota, d’altra parte, un’eccessiva intransigenza di pensiero.
Un altro bias frequente è la cosiddetta fallacia di Gabler, ovvero la tendenza a dare rilevanza a ciò che è accaduto in passato e a ritenere che i risultati di oggi siano del tutto influenzati da tali eventi. Quindi, i collaboratori valutati sempre positivamente nel corso della loro carriera tenderanno ad essere valutati ancora positivamente anche se a volte le loro prestazioni non risulteranno così positive.
L’errore per somiglianza, invece, è un bias legato alla tendenza di un manager con forte autostima a sopravvalutare i collaboratori che hanno delle caratteristiche analoghe alle sue, mentre l’errore per contrasto è un bias di un manager con bassa autostima che tende a premiare i collaboratori che presentano delle caratteristiche in lui carenti o assenti.
Altamente nocivo risulta essere anche il cosiddetto bias della negatività, ovvero un’eccessiva attenzione rivolta verso elementi negativi, che vengono considerati come i più importanti. A causa di questa distorsione, si tende a dare maggior peso agli errori, sottovalutando i successi e le competenze acquisite ed attribuendo così una valutazione negativa alla prestazione.
Infine, il bias dello status quo è una distorsione valutativa dovuta alla resistenza al cambiamento. Il cambiamento spaventa, si ama la propria routine e si tenta, quindi, di mantenere le cose così come stanno. La parte più dannosa di questo pregiudizio è l’ingiustificata supposizione che una scelta diversa potrà far peggiorare le cose.
Una riflessione sulle diverse tipologie di distorsioni cognitive può certamente contribuire a ridurne alcuni effetti e spingere chi valuta ad agire come gli scrittori naturalisti, che assegnavano all’opera narrativa il compito di attenersi ad una descrizione impersonale ed oggettiva della materia rappresentata. Applicando all’arte i metodi ed i risultati della scienza, gli scrittori naturalisti si prefiggevano di riprodurre la realtà con perfetta obiettività. Il metodo scientifico galileiano venne assorbito a tal punto dalla letteratura naturalista che gli autori, ancor prima di scrivere i loro romanzi, si dedicavano all’osservazione ravvicinata del fenomeno da descrivere in modo da essere i più oggettivi possibile; analogamente, in azienda, chi ricopre ruoli di responsabilità ed è chiamato a valutare i propri collaboratori dovrebbe innanzitutto osservare i fatti e poi valutarli con il giusto distacco ed oggettività.
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/tag/psicologia-sociale/

Nessun commento:

Posta un commento